La maggioranza delle feste medievali vengono animate da tre componenti: una parte della popolazione locale in abito d’epoca spesso improvvisato, gli artisti specializzati in musica e giocoleria, i rievocatori.
Questi ultimi, fondamentali per dare l’immagine di un medio evo vivente, sono appassionati che nei casi migliori scelgono di passare quasi tutto il loro tempo libero nel costruire abiti e attrezzature, specializzarsi in attività guerriere e/o artigianali; partecipano non solo alle feste ma si inseriscono od organizzano spesso in proprio degli eventi tematici e raduni.
Svolgono quindi due attività distinte benchè collegate e l’una non dovrebbe esistere senza l’altra. La rievocazione è l’atto di rimettere in scena accadimenti ed episodi documentati. La ricostruzione, invece, aspira a essere inappuntabile nella produzione di indumenti o di attrezzi o di armi, nel tentativo di comportarsi e ripetere gesti antichi; un’attività che richiede studio ed applicazione, ore ed ore passate in biblioteca ad aggiornarsi e “sul campo” a sperimentare.
Questo tipo di impostazione è ormai un concetto assodato in ambito anglosassone, tedesco-scandinavo e in parte francese: ricostruttori-rievocatori di gran valore sono attivi in stretta sinergia con istituzioni museali e open air museum soprattutto dell’alto medioevo. Fanno seria ricerca e rappresentano un potente strumento didattico ed attrattivo per il grande pubblico; creano a beneficio del visitatore situazioni immersive nella materialità della storia, narrando il passato con abiti, accessori, attività lavorative, vita quotidiana, combattimenti, gesti e rituali. Costituiscono di fatto l’evoluzione del rievocatore-ricostruttore che chiude così il cerchio collaborando nel campo della valorizzazione dei beni archeologici o del patrimonio dei saperi acquisiti; in rapporto e in interscambio con chi fa della ricerca il proprio mestiere e atto a garantire la qualità di quanto ricostruito.
Il mondo rievocativo medievale italiano pecca invece talvolta di presunzione; nella sua certezza inossidabile di sapere “come era”, spesso non ha un confronto con il mondo accademico o museale. Ma alcune realtà stanno evolvendosi anche da noi e nuove figure cercano di essere prima di tutto ricostruttori in rapporto sinergico con le istituzioni; pochi, per ora, iniziano a lavorare in ambito didattico allargando i possibili strumenti di conoscenza per il pubblico. Soddisfano la voglia di capire delle persone, tendenzialmente ritrose a sostare di fronte a pannelli esplicativi di musei, non di rado scritti da specialisti per specialisti.
Soprattutto nella nuova frontiera della rievocazione medievale, quella cioè dell’alto medioevo, in crescita vertiginosa ma con la spada di Damocle della dozzinalità sempre sospesa, si sono osservate le maggiori novità.
Per esempio la sperimentazione musicale con riproduzioni di strumenti del VI-VII secolo dei marchigiani Winileod o le attività artigianali di alto livello dei toscani Curtis Winigia a fianco degli archeologi attivi nell’Archeodromo di Poggibonsi (ricostruzione in progress di un villaggio del IX secolo).
Emerge poi per il percorso di qualità che sta effettuando il gruppo cividalese di La Fara in collaborazione ormai stabile con il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, il più completo sui Longobardi. Si confrontano con i corredi delle tombe qui conservati, studiandoli e ricostruendoli, realizzando vestiti secondo i dati disponibili sui tessuti antichi e lavorando sia per le scuole sia per i visitatori del museo. Rievocatori dunque preparati, intenti a spiegare in abito storico e sperimentare in diretta attività fabbrili, sartoria, recitando a memoria la Historia Longobardorum di Paolo Diacono e tanto altro. Inoltre da tre anni organizzano uno dei più seri raduni rievocativi medievali (Anno Domini 568) con le relazioni di archeologi sui temi scelti per l’edizione e un campo ricostruttivo di livello didattico altissimo dove sono presenti i migliori gruppi europei in un confronto continuo con i ricercatori.
Queste figure fondano il proprio lavoro su quel rigore quasi maniacale, benchè necessario, affinché ricostruzione e rievocazione diventino davvero mezzi per potenziare la conoscenza e l’amore per il patrimonio del grande pubblico, trovando in musei o aree archeologiche la possibilità di imparare anche divertendosi; toccando con mano la narrazione di storie.
Un’evoluzione che il rievocatore-ricostruttore dovrà tendere ad avere se vuole sdoganarsi partecipando anche a politiche di valorizzazione dei beni culturali come da un po’ di tempo inizia a chiedere; dopo tutto il suo obiettivo è sempre stato mostrare “come era” il medio evo e ciò richiede vera preparazione e conoscenza.
Marco Valenti
Professore di Archeologia Cristiana e Medievale all’Università di Siena
da L’Unità del 3/9/2015